Essays 1988 - 1995

Index

1.1 Susanne Rajka, Asker & Baerum Budstikke, review of exhibition at Galleri Tyr, 1988, Norwegian original

1.2 Susanne Rajka, English summary

2.1 Gianni Nigro, review of group exhibition at Studio d’Ars, “Artecultura” ottobre 1988, Italian original

3.1 Orfeo Sorbellini, review of “Forme nel Verde” published in "Donchisciotte”, 1990, Italian original

4.1 Angelo Siciliano, review of “Proposta Giovani 90”, group show, 1990, Italian original

5.1 Emma Zanella Manara, presentation of “Villa Fanciullezza Abbandonata", group show, 1990, Italian original

6.1  Elda Colombo, presentation of Monrad published in the catalogue of the group exhibition “Iterart”, 1993, Italian original

6.2 Elda Colombo, English translation

7.1 Nadia Nava, review of individual exhibition at Diecidue arte, Juliet Art Magazine, 1995, Italian original

8.1 Pierre Restany, introduction to the catalogue of the individual exhibition at Diecidue Arte, Milan 1995, Italian original

8.2 Pierre Restany, English translation

8.1 Pierre Restany, German translation


1.1 Susanne Rajka Asker & Bærum Budstikke, anmeldelse av utstillingen ved Galleri Tyr, 1988

Blå fjord og ”vindblåste” skulpturer

ASKER: Carl Nesjar forbinder de fleste med monumentale og abstrakte skulpturer i direkte samspill med årstidene. Men vår internasjonalt kjente kunstner arbeider like ofte som maler, grafiker eller som fotograf og også med flere utrykksformer parallelt. En av dem kan ses i Galleri Tyr i Asker. Der presenteres hovedsakelig gouacher og litografier fra de siste to år.
De poetiske naturabstraksjoner artikuleres i malerier med glitrende sand i pigmentet. Overgangene er klare mellom de forskjellige farvefeltene. Det dreier seg om naturens skjønnhet og dramatikk realisert med en ytterst stofflig komposisjonsteknikk. Norges natur sett gjennom en kunstners øyne som er fascinert av bølgenes kraft, kystens kurvatur og isbreenes eventyrlige formasjoner.
Nesjars farver er forføreriske, på grensen til det dekorative med vekt på de blå og de beige nyanser. Dynamikken preger bildene, likeså slektskapet med Inger Sitters billedoppfatning. Arbeiderne formidler den salte, friske brisen, solens reflekser i fjordene og følelsen av ru svalberg under fingrene.
Med bakgrunn i keramikk startet Jorunn Monrad sin kunstneriske utdannelse ved kunstakademiet i Milano. Hennes biomorfe skulpturer er utført i leire. I en del arbeider kommer materialets originale sammensetning til syne: hvit leire med knuste marmorbiter. Mange skulpturer er overmalte med brunt, grått og mørkeste koboltblått. De ”vindblåste” kvinneportrettene er utstillingens mest helhetlige verker. Man aner keramikerens vare hånd bak skulpturene, som ennå er ujevne, men lovende. Impulsene er mange fra Arp og Brancusi til Giacometti, for ikke å glemme Medardo Rosso fra århundreskiftets Milano.


1.2 Susanne Rajka, Asker & Baerum Budstikke, review of exhibition at Galleri Tyr, 1988

“Con esperienze precedenti nel campo della ceramica Jorunn Monrad ha iniziato i suoi studi artistici all’Accademia di Belle Arti di Milano. Le sue sculture biomorfe sono eseguite in creta. In alcune opere si intravede la composizione originale di materiali: creta bianca con pezzettini di marmo. Molte sculture sono colorate in superficie: marrone, grigio o cobalto scurissimo. I ritratti “contorti dal vento” sono le opere più complete dell’esposizione.
Si percepisce la mano sensibile del ceramista ...”


2.1 Gianni Nigro, review of group exhibition at Studio d’Ars, “Artecultura” ottobre 1988

Dal 27 giugno al 21 luglio scorsi, presso lo Studio D’Ars, in Milano, ha preso vita una serie di manifestazioni, oscillanti in misura maggiore o minore tra la performance e l’esposizione, momenti creati da 7 giovani artisti, fatti di installazioni più o meno precarie, comprensivi di reading e di funamboliche esposizioni, non tutto ma sicuramente di tutto, recitazione di poesie erotiche comprese.
Una kermesse estiva che si presentava all’insegna del “Running-Stopping” ovvero del superamento della dialettica inconciliabile tra la velocità e la sosta riflessiva, tra l’espressione immediata e fuggevole e l’operazione ragionata e, dopo, immobile.
Ancora sculture, quasi bidimensionali, sono gli agilissimi felini della norvegese Jorunn Monrad però poi è intervenuta una viva e vegeta contorsionista, arte sacra e profana affiancate per volontà dell’artista a significare che è finalmente giunto il momento di abbattere le barriere moral-classiste anche nell’ovattato mondo dell’arte.



3.1 Orfeo Sorbellini, recensione di “Forme nel Verde” pubblicata nel numero di agosto 1990 della rivista "Donchisciotte”

"..Tra i ruderi e lecci scuri della parte alta degli Horti tre artisti norvegesi; un connubio insolito, quasi strano, ma interessante: i sirventesi e le collinette toscane accanto alle saghe o agli scogli contro cui s'infrangono le onde gelide del nord. In aderenza ai resti ocra pallido delle mura sbrecciate giochi attraenti e spassosi pieni di colore con pennellate d'oro. Da mediterranei pensiamo a girali di fiori e di foglie; sono invece ritmi scherzosi di corpi orridi, varani, ramarri, salamandre, i preferiti degli scultori barbarici dei secoli bui; così intrecciati se si potessero ridurre ad orlature leggere potrebbero bordare le vesticciole di seta dei nostri bambini.
Sono opera di Jorunn Monrad."


4.1 Angelo Siciliano, recensione di “Proposta Giovani 90”, collettiva, 1990

"JORUNN MONRAD dipinge con colori forti e squillanti, anche metallici, creando forme metamorfiche o meglio biomorfiche. Queste figure, che si inseguono lungo tragitti involuti o labirintici, hanno valenze espressioniste con qualche sconfinamento nel surrealismo. Il suo archetipo è un essere proteiforme con sembianze a volte di animale, altre volte di vegetale che si avvale del sogno per cangiare."

Miriam Scherini, presentazione di “Bestiario”, collettiva da lei curata, catalogo pubblicata da Silvio Zamorani Editore, 1990

"Capita a volte di incontrare, negli studi di giovani artisti alle prese con rigorosi intellettualismi formali, figure di animali la cui agghiacciante simmetria sembra forgiata come capriccio da una mano altrimenti attenta a complesse astrazioni. Figure inquietanti o accattivanti, generate dal sonno e dal sogno della ragione, affiorano descritte con assoluta libertà di linguaggio: la loro presenza appare svincolata o solo tangente alla ricerca formale da cui sono espresse. Non si tratta però di una presenza casuale, se si tiene conto di come l'operare artistico di questi ultimi anni abbia accantonato certo facile espressionismo per riscoprire i valori della riflessione che presiedono l'atto creativo. Diventa necessario allora intuire e comprendere il messaggio di cui questi lavori si fanno veicolo, rintracciando antichi percorsi attraverso le loro suggestioni (...) Borges, nel suo manuale di zoologia fantastica, alla voce Chimera ci ricorda che "l'incoerente forma scompare e la parola resta, per significare l'impossibile".
Tuttavia la possibilità di forgiare e descrivere oggetti irreali, di dar forma a quella realtà che sfugge alla norma razionale, è l'imprescindibile condizione del lavoro artistico. (...) A metà tra il geco e il proteo sono gli animali di Jorunn Monrad, intreccio di corpi che rimandano a decorazioni di cattedrali gotiche. Scevri ormai da simbologie religiose, costituiscono con i loro contatti sinaptici forme elementari la cui fisicità dà corpo all'astrazione.



5.1 Emma Zanella Manara, presentazione di “Villa Fanciullezza Abbandonata", collettiva da lei curata, 1990

"...Le forme organiche e primitive di Jorunn Monrad nascono da un innato bisogno dell'arabesco, dell'ornamento orientaleggiante che continuamente ritorna su se stesso sprigionando vitalità, anzi, vitalismo.
Sono comunque forme primarie, archetipiche, del potere quasi magico e taumaturgico, vicine anche al senso del mostruoso e del mistero presente nei bestiari medioevali. Di fatto non è un caso che proprio queste forme dall'apparenza incerta acquistano spessore dalla loro sistemazione in ideali strutture geometriche primarie, cerchi, triangoli e quadrati, e soprattutto dal contatto con ambienti ricchi di storia naturale o umana, dai quali danno e ricevono energia.



6.1 Elda Colombo, presentazione di Monrad nel catalogo pubblicato per la collettiva “Iterart”, dal comune di Milano, 1993

"Ispirandosi alle zoomorfie che collegano i monumenti gotici a quelli romantici, ricava da una zoologia fantastica, rigorosamente e puntigliosamente tratta da Borges a dai nostri bestiari cinquecenteschi, linee e corpi che, fondendosi nel gesso colorato tra il purpureo e il violacee evocanti livide atmosfere di tramonti sabbatici, si animano in una danza iniziatrice e si compongono in un singolare gioco spaziale.
La tecnica si perfeziona con una attenta visitazione della grafica di Capogrossi, e così la produzione della Monrad può conseguire quella originalità espressiva che è orizzonte di ogni artista, e si trasforma quindi da scultrice in artista che si esprime con forme scultoree.
Niente nella scultura di Monrad è statico, l'occhio nel percorrerla si sente attratto e trascinato nel vortice dei suoi formicolii. Sono sculture destinate ad aderire ai muri e nessuno si sorprenderebbe se iniziassero una loro scalata, che poi Š l'epifania della fatica del vivere e del desiderio della cognizione.
Per vivere tale affascinante esperienza, è richiesto allo spettatore un solo pedaggio, quello chiesto da Coleridge nel presentare la sua leggendaria Ballad: è necessario, prima di vedere, che ognuno operi "una deliberata sospensione dell'incredulità".


 6.2 Elda Colombo, presentation of Monrad in the catalogue of the group exhibition “Iterart”, published by the Municipality of Milan, 1993

Inspired by the zoomorphic forms that link Gothic monuments to Romantic ones, she creates, from a fantastic zoology, rigorously and meticulously borrowed from Borges and our Sixteenth-century bestiaries, lines and bodies that, merging in the plaster colored in purple and violet hues, evoking livid atmospheres of sabbatical sunsets, are animated in an initiatory dance, composing a singular spatial play.
The technique is refined by an attentive observation of the graphic signs of Capogrossi, and thus Monrad’s production may achieve that expressive originality that is the goal of every artist, thus changing from sculptor to artist who uses sculptural forms as a means of expression.
Nothing in Monrad’s sculpture is static, when tracing the lines the eye is attracted and pulled into the vortex of her teeming images. They are sculptures made to be fixed to walls, and no-one would be surprised if they were to begin climbing, something that is in the final analysis the epiphany of the fatigue of living and the desire of cognition.
To live that fascinating experience the spectator has to pay a single toll, the one asked by Coleridge when he presents his legendary Ballad: before seeing, each has to accomplish "a deliberate suspension of incredulity".
Elda Colombo



7.1 Nadia Nava, recensione della personale presso la Diecidue arte, Juliet Art Magazine, 1995

Infine la mostra di Jorunn Monrad, la cui pittura è caratterizzata dall’elemento quantitativo e da quello cromatico: grandi tele poco dissimili tra loro, ripropongono infatti il pullulare di innumerevoli salamandre rosse. “La finalità di questo affascinante gioco spaziale, scrive Pierre Restany in catalogo, è la saturazione, termine logico di tutte le danze iniziatiche dell’Oriente. Se questo groviglio formale/informale tende a comunicarci un messaggio, è quello irrompente, tormentoso, aleatorio, della trance”


8.1 Pierre Restany, introduzione al catalogo pubblicata per la personale presso Diecidue Arte, Milano 1995

La sorgente di tutte le fiabe

La visione di Jorunn Monrad è quella di un mondo fantastico e familiare, quello delle zoomorfie del bestiario. A dir il vero si potrebbe parlare di bestiario di tutti i bestiari, dato che il suo linguaggio di vibrioni attorcigliati evoca in un modo particolarmente evidente il repertorio della fauna surreale a partire dal modello primario: la salamandra.
Due elementi caratterizzano la pittura di Jorunn Monrad: l’elemento quantitativo e l’elemento cromatico. La quantità onnipresente in questo intreccio senza fine di linee e di corpi che si compongono in una vibrazione trepidante. L’immagine pittorica tende a sintetizzarsi nella densità di un groviglio fantastico dove la forma perde la figura della propria identità, immersa, per così dire, nel “brodo del garbuglio”. L’elemento individuale si inserisce nella totalità ritmica della materia ed è certamente questo effetto globalizzante il motivo dell’impegno pittorico dell’artista. L’intreccio tridimensionale delle sculture precedenti si è proiettato sul campo del quadro in un groviglio materico compatto e ricco di fermenti magnetici.
A questo punto interviene il colore: un rosso sanguigno a metà strada tra il purpureo ed il violaceo evocante “livide atmosfere di tramonti sabbatici” come ha giustamente detto Elda Colombo. La misteriosa ed ardente sensualità della materia si esprime attraverso una ritmicità capillare. Come nella sua scultura, niente nella pittura di Monrad è statico. Tutto è effervescenza, fermentazione, ebollizione.
La finalità di questo affascinante gioco spaziale è la saturazione, termine logico di tutte le danze iniziatiche dell’Oriente. Se questo groviglio formale/informale tende a comunicarci un messaggio, è quello irrompente, tormentoso, aleatorio della trance. Una trance cristallizzata nello spessore specifico di una materiale calorosa irrequieta. E così questa trance diventa arabesca fluida. Il campo magnetico minato di esplosivi impulsi satanici si condensa in una pergamena miniata ricca di sontuose allegorie insolite e ambigue.
Il viaggio del nostro sguardo è entrato nella sua seconda fase: dopo la minacciosa presenza del bestiario gotico, romantico, fantastico, ecco il suo superamento in un’iconografia altamente decorativa della miniatura. Da una sensazione morale passiamo a una sensazione estetica ed è proprio in questa doppia flessione percettiva che possiamo coniugare l’operato di Jorunn Monrad al suo giusto ritmo ed alla sua giusta misura.
L’esercizio linguistico di essenza ludica: questa “pittura groviglio” si presenta come un gioco culturale. Se stiamo al gioco, queste opere extra dimensionali, intrecci interminabili, garbugli tutti azimuts, diventano la melodia attorcigliata dei nostri misteri quotidiani, la stenografia del nostro insolito esistenziale, una “cosa nostra” in poche parole.
In questo mondo che chiamerò “del fantastico a domicilio” Jorunn Monrad e Thomas De Quincey camminano a pari passo. La pittura di Jorunn Monrad si presenta come l’illustrazione ideale, o piuttosto normale, dello scrittore e infatti, non a caso, Monrad ha scoperto la visione d’inferno mistico-tropicale di Thomas De Quincey qualche settimana dopo aver iniziato la sua pittura...
Jorunn Monrad sarà la maga strategica della sua visione o la sua vittima consenziente? La domanda è troppo fondamentale nella sua prepotenza per richiedere una risposta immediata. Rimaniamo nell’incertezza: il dubbio fa parte del nostro approccio dialettico a questo groviglio addomesticato di segni; fa parte anche del nostro piacere, del nostro senso emotivo davanti all’enfatica apparizione di un’estrosa bellezza, sorprendentemente bella in quanto un po’ più vera della natura.
Sono arrivato al termine del viaggio nell’universo fantasioso di Jorunn Monrad e mi rendo conto che la mia chiave di lettura è stato sempre il filo rosso di un’umanità complice. Dietro ogni mostro attorcigliato c’è un Peter Pan che balla, in trance sorridente. Sono tornato così, per un giocondo momento di felicità mentale, alla sorgente umanistica di tutte le favole.


8.2 Pierre Restany, introduction to the catalogue of the individual exhibition at Diecidue Arte, Milan 1995

The source of all fables

The vision of Jorunn Monrad is that of a fantastic and familiar world, that of zoomorphisms and bestiaries. As a matter of fact we could talk of the bestiary of all bestiaries, since its language of entwined vibrios evokes, in a particularly evident manner, the repertory of the surreal fauna based on the primary model: the salamander.
Two elements characterize Jorunn Monrad’s painting: the quantitative element, and the chromatic one. Quantity is omnipresent in this endless web of lines and bodies which form an impetuous vibration.
The pictorial image tends to be epitomized in the density of a fantastic tangle in which the form loses the figure of its identity, immersed in the tangle. The individual elements become part of the rhythmic totality of the material, and this globalizing effect certainly represents the pictorial objective of the artist. The three-dimensional network of the previous sculptures has been projected in the field of the painting in a compact material tangle loaded with magnetic fermentations.
At this point color intervenes: a sanguine red, inbetween purple and violaceous evoking “livid atmospheres of sabbatical sunsets” as Elda Colombo has rightly observed. The mysterious and ardent sensuality of the material is expressed through a capillary rhythmicity.
As in her sculpture, nothing in Monrad’s painting is static. Everything is effervescence, fermentation, ebbullition.
The objective of this fascinating spatial game is the saturation, logic term of all Oriental initiatory dances. If this formal/informal tangle tends to convey a message, it is the vibrant, tormenting, aleatory one of the trance. A trance which is crystallized in the specific thickness of a restless, warm material. And thus this trance is transformed into a flowing arabesque. The magnetic field mined by explosive satanic impulses is condensed in a miniated parchment, rich in unusual and ambiguous sumptuous allegories.
The journey of our glance has entered into its second stage: after the threatening presence of the bestiary, Gothic, Romantic, fantastic, it is surpassed in the highly decorative iconography of the miniature. The moral sensation becomes an aesthetic sensation, and it is precisely in this dual perspective flexion we can conjugate the work of Jorunn Monrad to its right rhythm and its right measure.
The linguistic exercise is essentially a playful one: this “tangle-painting” represents a cultural play. If we participate in the game, these extra-dimensional works, interminable intertwinings, all-azimuthal tangles, become the entwined melody of the mysteries of everyday life, the stenography of our unusual existentialism, in short, something uniquely ours.
In this fantastic world Jorunn Monrad and Thomas De Quincey follow the same path. Jorunn Monrad’s painting represents the ideal, or rather, normal, illustration of the writer and in fact Monrad discovered Thomas De Quincey’s visions of a mystical-tropical inferno some time after having started her painting...
Is Jorunn Monrad the strategic enchantress of her vision or its consentient victim? The question is too fundamental in its assertiveness to require an immediate reply. We remain in uncertainty: doubt is part of our dialectic approach to this tamed tangle of signs; it is also part of our pleasure, of our emotional sense in the face of the rhetorical apparition of an ingenious beauty, surprisingly beautiful, in that it is a bit more real than nature.
I have arrived at the end of the journey in the fantastic universe of Jorunn Monrad, and I realize that the key to my interpretation has always been the red thread of an accessory humanity.
Behind every winding monster there is a Peter Pan who dances, in smiling trance. I have thus returned, for a joyful moment of mental happiness, to the humanistic source of all fables.
Pierre Restany



8.3 Pierre Restany, Einführung des Ausstellungskatalogs für die Einzelausstellung in Diecidue Arte, übesetzt von Helmut Orpel und veröffentlicht in Art Profil, Mai 1995

Die Quelle aller Märchen

Die Vision der Jorunn Monrad ist die einer phantastischen, gleichzeitig aber vertrauten Welt. Es ist die Welt, die wie di Zoomaufnahme eines Bestiariums aussieht. In der Tat kann man sagen, dass dieses Bestiarium aus Tieren besteht, die ihre Formensprache in einer Welt entwickeln, in der die surreale Fauna vom Grundmodell des Salamanders ausgeht. Zwei Grundzüge charakterisieren die Malerei von Jorunn Monrad: Die Vielzahl und die Chromatik. Die Vielzahl ist in jenen endlosen Geflechten aus Linien und Körpern, die sich in einer besorgniserregenden Vibration zusammenfügen, allgegenwärtig. Die bildliche Vorstellung strebt nach einer Synthese in diesem dichten, phantastischen Durcheinander, in dem die Form ihre eigenständige Identität verliert. Die Vorstellung taucht, um es mit anderen Worten auszudrücken, in dieses Wirrwarr ein, in der die rhythmische Totalität der Materie verschmilzt. Die Wirkung dieser Totalität ist das Ziel dieser Künstlerin.
Die dreidimensionale Struktur der Skulpturen verwandelt sich auf der Bildfläche in ein substantielles, kompaktes Chaos, das von magnetischen Wellen durchdrungen ist. Genau hier beginnt die Farbe eine Rolle zu spielen: ein sanguinisches Rot, dem ein Purpurrot entgegentritt und ein Violett, “die bläulichen Atmosphäre eines Sonnenuntergangs am Sabbat” beschwörend, wie Elda Colombo zu recht festgestellt hat; das Geheimnis und die glühende Sensibilität der Materialien, die sich durch einen feingliedrigen Rhythmus ausdruckt.
Wie in Ihrer Plastik gibt es auch in der Malerei von Jorunn Monrad keine Statik. Alles quillt hervor und befindet sich in Bewegung. Das Ziel dieses faszinierenden räumlichen Spiels ist die Vollendung, bei der logischerweise alle westlichen Initiationstänze aufhören.
Wenn dieses formelle-informelle Chaos eine Aussage hat, so ist es die einer permanenten, risikoreichen Trance, wie sie sich in der rastlosen Materie ausdrückt. Diese Trance wird zu einer fließenden Arabeske. Dieses Magnetfeld, das mit sehr explosiven, teuflischen Impulsen vermint ist, verdichtet sich zu einem reichhaltigen Pergament mit ungewöhnlichen und vieldeutigen Allegorien.
Die Reise unseres Blickes ist nun in die zweite Phase eingetreten: Nach der bedrohlichen Gegenwart des gotischen, romantischen und phantastischen Bestiariums haben wir hier seine Überwindung durch eine höchst dekorative Ikonographie der Miniatur. Von einem moralischen Empfinden gelangen wir zu einem ästhetischen. Es ist genau diese doppelte Wahrnehmung, aus der heraus wir den richtigen Rhythmus und das richtige Maß des Werkes von Jorunn Monrad ableiten können: Die Sprechübung der spielerischen Möglichkeiten, die sich als malerisches Wirrwarr wie das Spiel der Kultur präsentiert. Wenn wir am diesem Spiel des überdimensionalen, endlos verflochtenen Chaos aller Scheitelpunkte teilnehmen, erkennen wir die verwickelte Melodie unserer Alltagsmythen, die Stenographie unserer unsicheren Existenz, unsere eigene Unmittelbarkeit.
In dieser Welt, in die man vom “Phantastischen zum Alltäglichen” gelangt, verfolgen Jorunn Monrad und Thomas De Quincey den gleichen Weg. Die Malerei von Jorunn Monrad erweist sich als die ideale Illustration oder vielmehr als die einzig mögliche, der Schriften dieses Autors. Es ist deshalb kein Zufall, dass sie die Vision der mystischen tropischen Hölle von De Quincey einige Wochen, nachdem sie mit ihrer Malerei begonnen hat, entdeckte.
Ist Jorunn Monrad die große Strategin ihrer Vision oder ist sie ihr gefügiges Opfer? Diese Frage ist zu grundsätzlich, um eine ummittelbare Antwort zu geben. Wir sind diesbezüglich unsicher. Dieser Zweifel bleibt bei unserer dialektischen Annäherung an das domestizierte Chaos der Zeichen bestehen. Er entsteht auch angesichts des Eindrucks der dynamischen Schönheit dieser ausdrucksvollen Erscheinung, die auch deswegen überraschenderweise schön sind, weil sie mehr Wahrheit enthalten als die Natur selbst.
Nun bin ich am Ende der Reise durch das phantastische Universum von Jorunn Monrad angelangt und bemerke, dass mit beim Lesen der Bilder immer ein menschlicher Begleiter zur Seite gestanden hat: Im jedem verschlungenen Monster steckt ein Peter Pan, der in einem lächelnden Zustand der Trance tanzt. Nur so gelangen wir zu dem lustvollen Augenblick der Glückseligkeit zurück, der den humanistischen Anfang aller Geschichten bildet.