Essays 1988 - 1995
Index
1.1 Susanne Rajka, Asker & Baerum Budstikke, review of exhibition at Galleri Tyr, 1988, Norwegian original
1.2 Susanne Rajka, English summary
2.1 Gianni Nigro, review of group exhibition at Studio d’Ars, “Artecultura” ottobre 1988, Italian original
3.1 Orfeo Sorbellini, review of “Forme nel Verde” published in "Donchisciotte”, 1990, Italian original
4.1 Angelo Siciliano, review of “Proposta Giovani 90”, group show, 1990, Italian original
5.1
Emma Zanella Manara, presentation of “Villa Fanciullezza Abbandonata", group show, 1990, Italian original
6.1 Elda Colombo, presentation of
Monrad published in the catalogue of the group exhibition “Iterart”, 1993, Italian original
6.2 Elda Colombo, English translation
7.1 Nadia Nava, review of individual exhibition at Diecidue arte, Juliet Art Magazine, 1995, Italian original
8.1 Pierre Restany, introduction to the catalogue of the individual exhibition at Diecidue Arte, Milan 1995, Italian original
8.2 Pierre Restany, English translation
8.1 Pierre Restany, German translation
1.1 Susanne Rajka Asker & Bærum Budstikke, anmeldelse av utstillingen ved Galleri Tyr, 1988
Blå fjord og ”vindblåste” skulpturer
ASKER: Carl Nesjar forbinder de
fleste med monumentale og abstrakte skulpturer i direkte samspill med
årstidene. Men vår internasjonalt kjente kunstner arbeider like ofte som
maler, grafiker eller som fotograf og også med flere utrykksformer
parallelt. En av dem kan ses i Galleri Tyr i Asker. Der presenteres
hovedsakelig gouacher og litografier fra de siste to år.
De poetiske naturabstraksjoner artikuleres i malerier med glitrende
sand i pigmentet. Overgangene er klare mellom de forskjellige
farvefeltene. Det dreier seg om naturens skjønnhet og dramatikk
realisert med en ytterst stofflig komposisjonsteknikk. Norges natur sett
gjennom en kunstners øyne som er fascinert av bølgenes kraft, kystens
kurvatur og isbreenes eventyrlige formasjoner.
Nesjars farver er forføreriske, på grensen til det dekorative med vekt
på de blå og de beige nyanser. Dynamikken preger bildene, likeså
slektskapet med Inger Sitters billedoppfatning. Arbeiderne formidler den
salte, friske brisen, solens reflekser i fjordene og følelsen av ru
svalberg under fingrene.
Med bakgrunn i keramikk startet Jorunn Monrad sin kunstneriske
utdannelse ved kunstakademiet i Milano. Hennes biomorfe skulpturer er
utført i leire. I en del arbeider kommer materialets originale
sammensetning til syne: hvit leire med knuste marmorbiter. Mange
skulpturer er overmalte med brunt, grått og mørkeste koboltblått. De
”vindblåste” kvinneportrettene er utstillingens mest helhetlige verker.
Man aner keramikerens vare hånd bak skulpturene, som ennå er ujevne, men
lovende. Impulsene er mange fra Arp og Brancusi til Giacometti, for
ikke å glemme Medardo Rosso fra århundreskiftets Milano.
1.2 Susanne Rajka, Asker & Baerum Budstikke, review of exhibition at Galleri Tyr, 1988
“Con esperienze precedenti nel campo
della ceramica Jorunn Monrad ha iniziato i suoi studi artistici
all’Accademia di Belle Arti di Milano. Le sue sculture biomorfe sono
eseguite in creta. In alcune opere si intravede la composizione
originale di materiali: creta bianca con pezzettini di marmo. Molte
sculture sono colorate in superficie: marrone, grigio o cobalto
scurissimo. I ritratti “contorti dal vento” sono le opere più complete
dell’esposizione.
Si percepisce la mano sensibile del ceramista ...”
2.1 Gianni Nigro, review of group exhibition at Studio d’Ars, “Artecultura” ottobre 1988
Dal 27 giugno al 21 luglio scorsi,
presso lo Studio D’Ars, in Milano, ha preso vita una serie di
manifestazioni, oscillanti in misura maggiore o minore tra la
performance e l’esposizione, momenti creati da 7 giovani artisti, fatti
di installazioni più o meno precarie, comprensivi di reading e di
funamboliche esposizioni, non tutto ma sicuramente di tutto, recitazione
di poesie erotiche comprese.
Una kermesse estiva che si presentava all’insegna del
“Running-Stopping” ovvero del superamento della dialettica
inconciliabile tra la velocità e la sosta riflessiva, tra l’espressione
immediata e fuggevole e l’operazione ragionata e, dopo, immobile.
Ancora sculture, quasi bidimensionali, sono gli agilissimi felini
della norvegese Jorunn Monrad però poi è intervenuta una viva e vegeta
contorsionista, arte sacra e profana affiancate per volontà dell’artista
a significare che è finalmente giunto il momento di abbattere le
barriere moral-classiste anche nell’ovattato mondo dell’arte.
3.1 Orfeo Sorbellini, recensione di “Forme nel Verde” pubblicata nel numero di agosto 1990 della rivista "Donchisciotte”
"..Tra i ruderi e lecci scuri della
parte alta degli Horti tre artisti norvegesi; un connubio insolito,
quasi strano, ma interessante: i sirventesi e le collinette toscane
accanto alle saghe o agli scogli contro cui s'infrangono le onde gelide
del nord. In aderenza ai resti ocra pallido delle mura sbrecciate giochi
attraenti e spassosi pieni di colore con pennellate d'oro. Da
mediterranei pensiamo a girali di fiori e di foglie; sono invece ritmi
scherzosi di corpi orridi, varani, ramarri, salamandre, i preferiti
degli scultori barbarici dei secoli bui; così intrecciati se si
potessero ridurre ad orlature leggere potrebbero bordare le vesticciole
di seta dei nostri bambini.
Sono opera di Jorunn Monrad."
4.1 Angelo Siciliano, recensione di “Proposta Giovani 90”, collettiva, 1990
"JORUNN MONRAD dipinge con colori forti e squillanti, anche metallici, creando forme metamorfiche o meglio biomorfiche. Queste figure, che si inseguono lungo tragitti involuti o labirintici, hanno valenze espressioniste con qualche sconfinamento nel surrealismo. Il suo archetipo è un essere proteiforme con sembianze a volte di animale, altre volte di vegetale che si avvale del sogno per cangiare."
Miriam Scherini, presentazione di “Bestiario”, collettiva da lei curata, catalogo pubblicata da Silvio Zamorani Editore, 1990
"Capita a volte di incontrare, negli
studi di giovani artisti alle prese con rigorosi intellettualismi
formali, figure di animali la cui agghiacciante simmetria sembra
forgiata come capriccio da una mano altrimenti attenta a complesse
astrazioni. Figure inquietanti o accattivanti, generate dal sonno e dal
sogno della ragione, affiorano descritte con assoluta libertà di
linguaggio: la loro presenza appare svincolata o solo tangente alla
ricerca formale da cui sono espresse. Non si tratta però di una presenza
casuale, se si tiene conto di come l'operare artistico di questi ultimi
anni abbia accantonato certo facile espressionismo per riscoprire i
valori della riflessione che presiedono l'atto creativo. Diventa
necessario allora intuire e comprendere il messaggio di cui questi
lavori si fanno veicolo, rintracciando antichi percorsi attraverso le
loro suggestioni (...) Borges, nel suo manuale di zoologia fantastica,
alla voce Chimera ci ricorda che "l'incoerente forma scompare e la
parola resta, per significare l'impossibile".
Tuttavia la possibilità di forgiare e descrivere oggetti irreali, di
dar forma a quella realtà che sfugge alla norma razionale, è
l'imprescindibile condizione del lavoro artistico. (...) A metà tra il
geco e il proteo sono gli animali di Jorunn Monrad, intreccio di corpi
che rimandano a decorazioni di cattedrali gotiche. Scevri ormai da
simbologie religiose, costituiscono con i loro contatti sinaptici forme
elementari la cui fisicità dà corpo all'astrazione.
5.1 Emma Zanella Manara, presentazione di “Villa Fanciullezza Abbandonata", collettiva da lei curata, 1990
"...Le forme organiche e primitive di
Jorunn Monrad nascono da un innato bisogno dell'arabesco,
dell'ornamento orientaleggiante che continuamente ritorna su se stesso
sprigionando vitalità, anzi, vitalismo.
Sono comunque forme primarie, archetipiche, del potere quasi magico e
taumaturgico, vicine anche al senso del mostruoso e del mistero presente
nei bestiari medioevali. Di fatto non è un caso che proprio queste
forme dall'apparenza incerta acquistano spessore dalla loro sistemazione
in ideali strutture geometriche primarie, cerchi, triangoli e quadrati,
e soprattutto dal contatto con ambienti ricchi di storia naturale o
umana, dai quali danno e ricevono energia.
6.1 Elda Colombo, presentazione di Monrad nel catalogo pubblicato per la collettiva “Iterart”, dal comune di Milano, 1993
"Ispirandosi alle zoomorfie che
collegano i monumenti gotici a quelli romantici, ricava da una zoologia
fantastica, rigorosamente e puntigliosamente tratta da Borges a dai
nostri bestiari cinquecenteschi, linee e corpi che, fondendosi nel gesso
colorato tra il purpureo e il violacee evocanti livide atmosfere di
tramonti sabbatici, si animano in una danza iniziatrice e si compongono
in un singolare gioco spaziale.
La tecnica si perfeziona con una attenta visitazione della grafica di
Capogrossi, e così la produzione della Monrad può conseguire quella
originalità espressiva che è orizzonte di ogni artista, e si trasforma
quindi da scultrice in artista che si esprime con forme scultoree.
Niente nella scultura di Monrad è statico, l'occhio nel percorrerla si
sente attratto e trascinato nel vortice dei suoi formicolii. Sono
sculture destinate ad aderire ai muri e nessuno si sorprenderebbe se
iniziassero una loro scalata, che poi Š l'epifania della fatica del
vivere e del desiderio della cognizione.
Per vivere tale affascinante esperienza, è richiesto allo spettatore
un solo pedaggio, quello chiesto da Coleridge nel presentare la sua
leggendaria Ballad: è necessario, prima di vedere, che ognuno operi "una
deliberata sospensione dell'incredulità".
6.2 Elda Colombo, presentation of Monrad in the catalogue of the group exhibition “Iterart”, published by the Municipality of Milan, 1993
Inspired by the zoomorphic forms that
link Gothic monuments to Romantic ones, she creates, from a fantastic
zoology, rigorously and meticulously borrowed from Borges and our
Sixteenth-century bestiaries, lines and bodies that, merging in the
plaster colored in purple and violet hues, evoking livid atmospheres of
sabbatical sunsets, are animated in an initiatory dance, composing a
singular spatial play.
The technique is refined by an attentive observation of the graphic
signs of Capogrossi, and thus Monrad’s production may achieve that
expressive originality that is the goal of every artist, thus changing
from sculptor to artist who uses sculptural forms as a means of
expression.
Nothing in Monrad’s sculpture is static, when tracing the lines the
eye is attracted and pulled into the vortex of her teeming images. They
are sculptures made to be fixed to walls, and no-one would be surprised
if they were to begin climbing, something that is in the final analysis
the epiphany of the fatigue of living and the desire of cognition.
To live that fascinating experience the spectator has to pay a single
toll, the one asked by Coleridge when he presents his legendary Ballad:
before seeing, each has to accomplish "a deliberate suspension of
incredulity".
Elda Colombo
7.1 Nadia Nava, recensione della personale presso la Diecidue arte, Juliet Art Magazine, 1995
Infine la mostra di Jorunn Monrad, la cui pittura è caratterizzata dall’elemento quantitativo e da quello cromatico: grandi tele poco dissimili tra loro, ripropongono infatti il pullulare di innumerevoli salamandre rosse. “La finalità di questo affascinante gioco spaziale, scrive Pierre Restany in catalogo, è la saturazione, termine logico di tutte le danze iniziatiche dell’Oriente. Se questo groviglio formale/informale tende a comunicarci un messaggio, è quello irrompente, tormentoso, aleatorio, della trance”
8.1 Pierre Restany, introduzione al catalogo pubblicata per la personale presso Diecidue Arte, Milano 1995
La sorgente di tutte le fiabe
La visione di Jorunn Monrad è quella
di un mondo fantastico e familiare, quello delle zoomorfie del
bestiario. A dir il vero si potrebbe parlare di bestiario di tutti i
bestiari, dato che il suo linguaggio di vibrioni attorcigliati evoca in
un modo particolarmente evidente il repertorio della fauna surreale a
partire dal modello primario: la salamandra.
Due elementi caratterizzano la pittura di Jorunn Monrad: l’elemento
quantitativo e l’elemento cromatico. La quantità onnipresente in questo
intreccio senza fine di linee e di corpi che si compongono in una
vibrazione trepidante. L’immagine pittorica tende a sintetizzarsi nella
densità di un groviglio fantastico dove la forma perde la figura della
propria identità, immersa, per così dire, nel “brodo del garbuglio”.
L’elemento individuale si inserisce nella totalità ritmica della materia
ed è certamente questo effetto globalizzante il motivo dell’impegno
pittorico dell’artista. L’intreccio tridimensionale delle sculture
precedenti si è proiettato sul campo del quadro in un groviglio materico
compatto e ricco di fermenti magnetici.
A questo punto interviene il colore: un rosso sanguigno a metà strada
tra il purpureo ed il violaceo evocante “livide atmosfere di tramonti
sabbatici” come ha giustamente detto Elda Colombo. La misteriosa ed
ardente sensualità della materia si esprime attraverso una ritmicità
capillare. Come nella sua scultura, niente nella pittura di Monrad è
statico. Tutto è effervescenza, fermentazione, ebollizione.
La finalità di questo affascinante gioco spaziale è la saturazione,
termine logico di tutte le danze iniziatiche dell’Oriente. Se questo
groviglio formale/informale tende a comunicarci un messaggio, è quello
irrompente, tormentoso, aleatorio della trance. Una trance
cristallizzata nello spessore specifico di una materiale calorosa
irrequieta. E così questa trance diventa arabesca fluida. Il campo
magnetico minato di esplosivi impulsi satanici si condensa in una
pergamena miniata ricca di sontuose allegorie insolite e ambigue.
Il viaggio del nostro sguardo è entrato nella sua seconda fase: dopo
la minacciosa presenza del bestiario gotico, romantico, fantastico, ecco
il suo superamento in un’iconografia altamente decorativa della
miniatura. Da una sensazione morale passiamo a una sensazione estetica
ed è proprio in questa doppia flessione percettiva che possiamo
coniugare l’operato di Jorunn Monrad al suo giusto ritmo ed alla sua
giusta misura.
L’esercizio linguistico di essenza ludica: questa “pittura groviglio”
si presenta come un gioco culturale. Se stiamo al gioco, queste opere
extra dimensionali, intrecci interminabili, garbugli tutti azimuts,
diventano la melodia attorcigliata dei nostri misteri quotidiani, la
stenografia del nostro insolito esistenziale, una “cosa nostra” in poche
parole.
In questo mondo che chiamerò “del fantastico a domicilio” Jorunn
Monrad e Thomas De Quincey camminano a pari passo. La pittura di Jorunn
Monrad si presenta come l’illustrazione ideale, o piuttosto normale,
dello scrittore e infatti, non a caso, Monrad ha scoperto la visione
d’inferno mistico-tropicale di Thomas De Quincey qualche settimana dopo
aver iniziato la sua pittura...
Jorunn Monrad sarà la maga strategica della sua visione o la sua
vittima consenziente? La domanda è troppo fondamentale nella sua
prepotenza per richiedere una risposta immediata. Rimaniamo
nell’incertezza: il dubbio fa parte del nostro approccio dialettico a
questo groviglio addomesticato di segni; fa parte anche del nostro
piacere, del nostro senso emotivo davanti all’enfatica apparizione di
un’estrosa bellezza, sorprendentemente bella in quanto un po’ più vera
della natura.
Sono arrivato al termine del viaggio nell’universo fantasioso di
Jorunn Monrad e mi rendo conto che la mia chiave di lettura è stato
sempre il filo rosso di un’umanità complice. Dietro ogni mostro
attorcigliato c’è un Peter Pan che balla, in trance sorridente. Sono
tornato così, per un giocondo momento di felicità mentale, alla sorgente
umanistica di tutte le favole.
8.2 Pierre Restany, introduction to the catalogue of the individual exhibition at Diecidue Arte, Milan 1995
The source of all fables
The vision of Jorunn Monrad is that
of a fantastic and familiar world, that of zoomorphisms and bestiaries.
As a matter of fact we could talk of the bestiary of all bestiaries,
since its language of entwined vibrios evokes, in a particularly evident
manner, the repertory of the surreal fauna based on the primary model:
the salamander.
Two elements characterize Jorunn Monrad’s painting: the quantitative
element, and the chromatic one. Quantity is omnipresent in this endless
web of lines and bodies which form an impetuous vibration.
The pictorial image tends to be epitomized in the density of a fantastic
tangle in which the form loses the figure of its identity, immersed in
the tangle. The individual elements become part of the rhythmic totality
of the material, and this globalizing effect certainly represents the
pictorial objective of the artist. The three-dimensional network of the
previous sculptures has been projected in the field of the painting in a
compact material tangle loaded with magnetic fermentations.
At this point color intervenes: a sanguine red, inbetween purple and
violaceous evoking “livid atmospheres of sabbatical sunsets” as Elda
Colombo has rightly observed. The mysterious and ardent sensuality of
the material is expressed through a capillary rhythmicity.
As in her sculpture, nothing in Monrad’s painting is static. Everything is effervescence, fermentation, ebbullition.
The objective of this fascinating spatial game is the saturation, logic
term of all Oriental initiatory dances. If this formal/informal tangle
tends to convey a message, it is the vibrant, tormenting, aleatory one
of the trance. A trance which is crystallized in the specific thickness
of a restless, warm material. And thus this trance is transformed into a
flowing arabesque. The magnetic field mined by explosive satanic
impulses is condensed in a miniated parchment, rich in unusual and
ambiguous sumptuous allegories.
The journey of our glance has entered into its second stage: after the
threatening presence of the bestiary, Gothic, Romantic, fantastic, it is
surpassed in the highly decorative iconography of the miniature. The
moral sensation becomes an aesthetic sensation, and it is precisely in
this dual perspective flexion we can conjugate the work of Jorunn Monrad
to its right rhythm and its right measure.
The linguistic exercise is essentially a playful one: this
“tangle-painting” represents a cultural play. If we participate in the
game, these extra-dimensional works, interminable intertwinings,
all-azimuthal tangles, become the entwined melody of the mysteries of
everyday life, the stenography of our unusual existentialism, in short,
something uniquely ours.
In this fantastic world Jorunn Monrad and Thomas De Quincey follow the
same path. Jorunn Monrad’s painting represents the ideal, or rather,
normal, illustration of the writer and in fact Monrad discovered Thomas
De Quincey’s visions of a mystical-tropical inferno some time after
having started her painting...
Is Jorunn Monrad the strategic enchantress of her vision or its
consentient victim? The question is too fundamental in its assertiveness
to require an immediate reply. We remain in uncertainty: doubt is part
of our dialectic approach to this tamed tangle of signs; it is also part
of our pleasure, of our emotional sense in the face of the rhetorical
apparition of an ingenious beauty, surprisingly beautiful, in that it is
a bit more real than nature.
I have arrived at the end of the journey in the fantastic universe of
Jorunn Monrad, and I realize that the key to my interpretation has
always been the red thread of an accessory humanity.
Behind every winding monster there is a Peter Pan who dances, in smiling
trance. I have thus returned, for a joyful moment of mental happiness,
to the humanistic source of all fables.
Pierre Restany
8.3 Pierre Restany, Einführung des Ausstellungskatalogs für die Einzelausstellung in Diecidue Arte, übesetzt von Helmut Orpel und veröffentlicht in Art Profil, Mai 1995
Die Quelle aller Märchen
Die Vision der Jorunn Monrad ist die
einer phantastischen, gleichzeitig aber vertrauten Welt. Es ist die
Welt, die wie di Zoomaufnahme eines Bestiariums aussieht. In der Tat
kann man sagen, dass dieses Bestiarium aus Tieren besteht, die ihre
Formensprache in einer Welt entwickeln, in der die surreale Fauna vom
Grundmodell des Salamanders ausgeht. Zwei Grundzüge charakterisieren die
Malerei von Jorunn Monrad: Die Vielzahl und die Chromatik. Die Vielzahl
ist in jenen endlosen Geflechten aus Linien und Körpern, die sich in
einer besorgniserregenden Vibration zusammenfügen, allgegenwärtig. Die
bildliche Vorstellung strebt nach einer Synthese in diesem dichten,
phantastischen Durcheinander, in dem die Form ihre eigenständige
Identität verliert. Die Vorstellung taucht, um es mit anderen Worten
auszudrücken, in dieses Wirrwarr ein, in der die rhythmische Totalität
der Materie verschmilzt. Die Wirkung dieser Totalität ist das Ziel
dieser Künstlerin.
Die dreidimensionale Struktur der Skulpturen verwandelt sich auf der
Bildfläche in ein substantielles, kompaktes Chaos, das von magnetischen
Wellen durchdrungen ist. Genau hier beginnt die Farbe eine Rolle zu
spielen: ein sanguinisches Rot, dem ein Purpurrot entgegentritt und ein
Violett, “die bläulichen Atmosphäre eines Sonnenuntergangs am Sabbat”
beschwörend, wie Elda Colombo zu recht festgestellt hat; das Geheimnis
und die glühende Sensibilität der Materialien, die sich durch einen
feingliedrigen Rhythmus ausdruckt.
Wie in Ihrer Plastik gibt es auch in der Malerei von Jorunn Monrad
keine Statik. Alles quillt hervor und befindet sich in Bewegung. Das
Ziel dieses faszinierenden räumlichen Spiels ist die Vollendung, bei der
logischerweise alle westlichen Initiationstänze aufhören.
Wenn dieses formelle-informelle Chaos eine Aussage hat, so ist es die
einer permanenten, risikoreichen Trance, wie sie sich in der rastlosen
Materie ausdrückt. Diese Trance wird zu einer fließenden Arabeske.
Dieses Magnetfeld, das mit sehr explosiven, teuflischen Impulsen vermint
ist, verdichtet sich zu einem reichhaltigen Pergament mit
ungewöhnlichen und vieldeutigen Allegorien.
Die Reise unseres Blickes ist nun in die zweite Phase eingetreten:
Nach der bedrohlichen Gegenwart des gotischen, romantischen und
phantastischen Bestiariums haben wir hier seine Überwindung durch eine
höchst dekorative Ikonographie der Miniatur. Von einem moralischen
Empfinden gelangen wir zu einem ästhetischen. Es ist genau diese
doppelte Wahrnehmung, aus der heraus wir den richtigen Rhythmus und das
richtige Maß des Werkes von Jorunn Monrad ableiten können: Die
Sprechübung der spielerischen Möglichkeiten, die sich als malerisches
Wirrwarr wie das Spiel der Kultur präsentiert. Wenn wir am diesem Spiel
des überdimensionalen, endlos verflochtenen Chaos aller Scheitelpunkte
teilnehmen, erkennen wir die verwickelte Melodie unserer Alltagsmythen,
die Stenographie unserer unsicheren Existenz, unsere eigene
Unmittelbarkeit.
In dieser Welt, in die man vom “Phantastischen zum Alltäglichen”
gelangt, verfolgen Jorunn Monrad und Thomas De Quincey den gleichen Weg.
Die Malerei von Jorunn Monrad erweist sich als die ideale Illustration
oder vielmehr als die einzig mögliche, der Schriften dieses Autors. Es
ist deshalb kein Zufall, dass sie die Vision der mystischen tropischen
Hölle von De Quincey einige Wochen, nachdem sie mit ihrer Malerei
begonnen hat, entdeckte.
Ist Jorunn Monrad die große Strategin ihrer Vision oder ist sie ihr
gefügiges Opfer? Diese Frage ist zu grundsätzlich, um eine ummittelbare
Antwort zu geben. Wir sind diesbezüglich unsicher. Dieser Zweifel bleibt
bei unserer dialektischen Annäherung an das domestizierte Chaos der
Zeichen bestehen. Er entsteht auch angesichts des Eindrucks der
dynamischen Schönheit dieser ausdrucksvollen Erscheinung, die auch
deswegen überraschenderweise schön sind, weil sie mehr Wahrheit
enthalten als die Natur selbst.
Nun bin ich am Ende der Reise durch das phantastische Universum von
Jorunn Monrad angelangt und bemerke, dass mit beim Lesen der Bilder
immer ein menschlicher Begleiter zur Seite gestanden hat: Im jedem
verschlungenen Monster steckt ein Peter Pan, der in einem lächelnden
Zustand der Trance tanzt. Nur so gelangen wir zu dem lustvollen
Augenblick der Glückseligkeit zurück, der den humanistischen Anfang
aller Geschichten bildet.